Carità culturale e cantico d’amore

La cultura della carità è sempre stata a servizio della Verità. Giovanni Battista Montini, nel 1930, periodo in cui era funzionario della Segretaria di Stato e assistente nazionale della Fuci, a un suo articolo sulla rivista studentesca «Azione fucina», mise come titolo: Carità intellettuale. In questo scritto affermava: «Anche la scienza può essere carità. Chiunque con l’attività del pensiero e della penna diffonde la verità rende un servizio alla carità». In effetti, l’arte della bellezza culturale, sotto il segno della carità, è sempre a servizio della verità. Montini, infatti, nei suoi scritti, usando un’espressione di sapore agostiniano, soleva definirla, appunto, “carità intellettuale”. Il giovane presbitero bresciano era convinto che ogni attività intellettuale «che si profonde nell’intenzione benefica per gli altri, oltre che arricchirsi di nuove esperienze, della più utile esperienza umana», si trasforma in quella “carità intellettuale” che abilita alla testimonianza e all’annunzio della Verità.

In questi tempi di amara secolarizzazione tramite ogni forma data dai mezzi di comunicazione, è necessario il grido della verità nella carità usando linguaggi antichi e moderni, ma pur sempre con i toni della nobiltà culturale. L’epoca contemporanea, con le sue culture segnate dalla difficoltà del credere, dalla desolante indifferenza e dalla presuntuosa ignoranza, naviga nella scristianizzazione e talvolta in quell’anticlericalismo generato dal rigetto delle realtà sacre avvilite dalla mancata serietà cultuale e culturale, soprattutto quando, nelle celebrazioni liturgiche, le sante realtà sacramentali sono celebrate o con superficialità banale incomprensibile o con volgarità diseducante o con teatralità concertistica fuorviante. Questi pericolosi veicoli di comunicazione sono incapaci di rivelare il Mistero posto nelle nostre mani e celebrato dalla Chiesa di Cristo nella divina Liturgia.

La verità rivelata nella carità intellettuale è per sua natura sublime canto d’amore: “Cantare amantis est” afferma sant’Agostino nel suo Sermo 336,1. La celebre frase agostiniana contiene in sé due grandi parole: Armonia e Concordia. Esse sono il nome e il volto della sublime bellezza di Dio e della sua assoluta perfezione. La parola armonia indica altissima unità tra discordanza e concordanza. Esiste, infatti, perfetta armonia quando entità diverse convivono. La seconda parola, concordia, esprime conformità di sentimenti, voleri e opinioni tra due persone, non disgiunta da reciproco affetto in armonia spirituale.

L’arte musicale comporta, allo stesso tempo, concordanza e dissonanza, cioè fusione di due o più suoni in unità armonica e “trasgressione” di quest’armonia con aggiunte di note estranee. Come la diastole e la sistole convivono insieme per creare l’armonia sinfonica dell’organismo, così concordanza e dissonanza sono armonia sinfonica per creare musica bella e buona. Esse sono soprattutto, punto di arrivo e conquista di uomini saggi, sapienti e intelligenti. Senza armonia e senza concordia regna confusione e disorientamento, divisione e disordine.

Dal felice connubio tra unisono e polifonia, tra concordanza e discordanza è fiorita una delle più affascinanti avventure tra spirito e corpo, tra silenzio e suono, tra eternità e tempo: la sublime bellezza della vera arte musicale. Essa non ha lo scopo di mostrare soltanto le belle forme sonore, ma, attraverso di esse, di far percepire la bellezza attraverso l’incanto estetico. La musica è metamorfosi viva della relazione col mistero del bello per essere capaci di saperlo percepire nel gusto dello stupore vivificante e trasfigurante.

I luoghi della creazione del bello sono l’animo e la ragione filtrata dal cuore dell’artista. La sua vocazione è quella d’introdurre la Bellezza nella vita d’ogni giorno: nel cuore, negli occhi, nella mente dell’uomo, realizzando così l’antico sogno platonico di identificare il bello col vero, il bello e il vero con il giusto, il bello, il vero e il giusto con il bene, con il sommo Bene: Verità, Bellezza e Bontà convivono in sinfonica simbiosi! L’arte vera rafforza il sentimento religioso, perfeziona la condizione morale, raffina lo stile di vita sociale.

Tra continuità e innovazione, il vero artista, attraverso la tecnica del concordare l’antico in armonia col nuovo, porta frutti autentici di novità attraverso quella pluralità che genera unità. La patologia della superficiale facilità – che non è la nobile semplicità – oltre a degradare l’arte stessa, nuoce alla morale e alla dignità umana.

Questi principi dovrebbero sempre guidare la Chiesa nell’itinerario liturgico-musicale catechetico e mistagogico per celebrare il Mistero e farlo rivivere, tra fascino e dramma, sul cammino della splendida via pulchritudinis. La via della Bellezza è il sublime stile con cui Dio Creatore, al canto dei suoi Fiat, crea, con le sue dita divine d’Artista, il cosmo e l’umanità. Il vero artista, creato a immagine e somiglianza del divino Artista, operando arte incontra Dio che, a sua volta, educa l’uomo alla creazione, alla visione e all’ascolto del Bello. Nel fare arte per la liturgia, la concordia non è pura tecnica ma armoniosa ascesi verso il divino. Questa comunione estetica ricolma l’uomo di una gioia rara perché l’esperienza personale di fare arte diventa anche comunione interpersonale. Cantare amantis est! Il canto della carità culturale sia stimolo per costruire la verità di una fraterna umanità stabile e feconda, armoniosa, pacifica e serena.

Giuseppe Liberto

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