L’Avvento, dal latino adventus, significa “venuta” cioè arrivo, ma con sfumature di presenza, detta in greco parousìa, la dimensione escatologica di tutta la vita cristiana. Prima di essere preparazione al Natale del Signore, l’Avvento serve a ricordare la parusia. Il numero di queste domeniche sono cinque nel Sacramentario gelasiano e quattro in quello gregoriano. Nella liturgia romana, l’Avvento, oltre l’aspetto ascetico-penitenziale, ha due significati: la memoria dell’ultima venuta del Salvatore e la preparazione al Natale del Signore che apre il tempo all’Epifania. Oltre ai due significati, l’Avvento ha altresì una doppia caratteristica: è tempo di preparazione al Natale ma è anche tempo in cui lo spirito, attraverso tale memoria, viene guidato verso l’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi. Nella prima parte delle quattro domeniche si avverte, con fremiti escatologici, un’intonazione dell’attesa dell’incontro col Signore; nelle altre due, a partire dal 17 dicembre, il canto è intonato sull’attesa della nascita del Salvatore.
Ogni domenica offre tre letture evangeliche che danno il tema per la mistagogia dell’omelia e dei testi in canto: la prima lettura è profetica, la seconda apostolica, il vangelo è preso da Matteo nell’anno A, da Marco nell’anno B, completato da Luca nell’anno C e da Giovanni. I temi delle domeniche volgono lo sguardo meditativo e contemplativo su quattro aspetti: la prima domenica punta lo sguardo sulla vigilanza nell’attesa del Signore, nella seconda c’è il forte grido di Giovanni Battista che richiama all’urgenza della conversione, la terza ci offre la testimonianza del Precursore, la quarta narra l’annunzio della nascita di Gesù, il Messia. Questa ricchezza dottrinale e spirituale è anche contenuta nella Liturgia delle Ore.
Nella Messa della I domenica d’Avvento, il primo prefazio canta: «Al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana egli portò a compimento la promessa antica e ci aprì la via dell’eterna salvezza. Verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa». Dal canto del Prefazio sgorga il canto del Trisaghion. Anche nella Liturgia delle Ore la prima lettura patristica è tratta dalle Catechesi di san Cirillo di Gerusalemme che spiega in sublime mistagogia le due venute di Cristo (15,1-3).
L’Avvento è attesa vigilante che fa volgere lo sguardo di speranza verso il nostro Dio misericordioso. L’antifona d’ingresso della Messa, col Salmo 24 (25), ci fa cantare: «A te, Signore, elevo l’anima mia, Dio mio, in te confido: che io non sia confuso. Chiunque spera in te non resti deluso». Per tutte e tre le domeniche degli anni A B C, il Canto al Vangelo è sempre lo stesso: «Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza». Anche l’antifona per il canto di comunione ha lo stesso tema del “vegliare, stare attenti e pregare”. Il tema è attinto dai tre vangeli di Matteo, Marco e Luca.
Nella Liturgia delle Ore, le antifone cantano più volte gli avverbi della sorpresa: «Ecco, Dio viene»;«Rallegrati, esulta, santa città di Dio: a te viene il tuo Re». E il Signore risponde: «Ecco, vengo presto, e sarò il vostro premio».
Celebrando la Liturgia dell’Avvento, il cristiano condivide la speranza di Isaia che invocava l’evento tanto sospirato dell’incontro con Dio: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (63,19). La spiritualità dell’Avvento non può basarsi su un Dio che ancora non ha inviato nel mondo il Figlio suo. Per il cristiano, il Messia si è già incarnato nel grembo verginale di Maria e si è fatto uomo. Con la sua morte e risurrezione, abbiamo ottenuto la salvezza totale e il dono della vita eterna che raggiungeremo quando, alla fine dei tempi, Cristo ritornerà nella gloria e consegnerà al Padre i suoi figli salvati.
Nell’attesa dell’ultimo giorno e a sostegno del nostro cammino verso la Terra promessa, Gesù ci ha lasciato il suo Corpo da mangiare e il suo Sangue da bere. Il nutrimento del suo Corpo e del suo Sangue fa vivere il cristiano in uno stato di ardente tensione che lo prepara all’incontro con il Signore che è venuto, verrà e continua la sua misteriosa presenza nel venire-restare dolcissimo all’interno della sua Chiesa sacramentale.
Non possiamo celebrare l’Avvento senza l’Eucaristia che è la pregustazione del Paradiso. Non possiamo vivere il presente avendo soltanto la visione della caducità del mondo e pensando solo alla “fine” come l’annientamento di tutto. Questa mancata speranza immerge l’uomo in uno stato di disperazione e, abbassando i livelli dell’esistenza, cade nel complesso d’inutilità di ogni cosa votata al fallimento e alla distruzione. L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio sta al centro della creazione perché tutto ciò che lo circonda è stato creato per lui. Soltanto il peccato frantuma ogni cosa. L’Incarnazione, la Croce e Risurrezione sono descritte da san Paolo con la parola “ricapitolazione” di tutto il creato. L’Avvento di Dio nella storia dell’Antico e del Nuovo Testamento è intervento di “restaurazione” di tutto ciò che esiste.
La Liturgia della Chiesa ha la funzione di attualizzare per l’umanità il gesto redentore di Cristo. È questa la funzione essenziale della celebrazione eucaristica, “culmine e fonte” della vita cristiana. L’assemblea liturgica che celebra la Divina Eucaristia è chiamata, per Cristo, con Cristo e in Cristo, a elevare l’uomo per la ri-creazione di tutto l’universo. La Liturgia della Chiesa ha la funzione di attualizzare per l’umanità il gesto redentore di Cristo. L’unico nostro Dio, Trinità Santissima, è il Creatore, il Redentore e il Ri-creatore.
Se l’Avvento d’Israele si trova tra il peccato originale e la venuta del Messia, l’Avvento del cristiano si situa tra la sua venuta storica e l’attesa del suo secondo avvento. La fede d’Israele e quella del cristiano s’incontrano, ciascuna a suo modo, nel vivere le due speranze con diversa intensità. Memoria, Presenza e Attesa di Cristo sono cantate dall’Apocalisse come: «Colui che è, che era e che viene» (1,8). Da qui il canto struggente della Chiesa con l’invocazione Maranatha!: «Vieni, Signore Gesù!».
Giuseppe Liberto